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Il campo della prosa diviene la palestra del più intransigente sperimentalismo beckettiano, quello più gravido di futuro grazie alla contrazione della forma. In "La via dell'impossibile" le "fonti" letterarie e soprattutto filosofiche della scrittura beckettiana vengono non solo rintracciate e analizzate col massimo scrupolo, ma se ne sottolinea con acutezza il riutilizzo spesso parodico, e comunque sempre "trasvalutante". Da questo prolungato corpo a corpo sortisce l'immagine d'uno straordinario laboratorio letterario: quella che, con ogni probabilità, è la sezione aurea della maggiore sperimentazione letteraria del Novecento europeo.